Dialogo (aperto) con un adolescente
Leggendo l’introduzione del libro di Umberto Galimberti “La parola ai giovani”, mi ha colpito l’affermazione che lo stesso autore aveva raccolto attraverso le sue ricerche, più che un’affermazione una preghiera dei ragazzi rivolta agli adulti: “Non ci spezzate le ali e non proponeteci la vostra esperienza, perché l’unica utile è quella che ciascuno fa da sé”. L’avete mai sentita o detta questa frase? Avreste mai voluto dirla, così chiara e incisiva, quando eravate giovani e avevate tra i 13 e i 19 anni? Chi ha un figlio di questa età probabilmente l’avrà sentita, se non proprio uguale, molto simile. In questa preghiera si racchiude un bisogno importante di un giovane che sta crescendo (adolescenza deriva dal latino adolescentia, derivato dal verbo adolescĕre, «crescere»), quello di conquistare una propria identità, in altre parole individualizzarsi. In questa fase di transizione il ragazzo o la ragazza compie un passo fondamentale: riorganizzare e consolidare la propria personalità.
Come? Rivedendo tutto ciò che ha vissuto sino ad ora, così da espandere e rafforzare un nuovo modo di essere, quindi di fare, pensare, sentire, identificarsi e riuscire. Rispondere adeguatamente a questi bisogni permetterà al giovane di formarsi una buona visione di sé, così da sentirsi autonomo di poter scegliere e vivere la propria sessualità e individualità (G. Spatola). La fase adolescenziale segna un passaggio fondamentale che lo porterà ad entrare nell’età adulta.
Consideriamo ora anche il contesto in cui viviamo, a dirla come Galimberti, siamo immersi in un ambiente culturale dove vige l’incertezza, “niente si profila all’orizzonte, niente motiva o sollecita, niente attrae o affascina, niente che fa uscire da quell’assoluto presente che i giovani vivono con la massima intensità e qualche rischio, non perché procura gioia, ma per seppellire l’angoscia che fa la sua comparsa quando ciò che si profila all’orizzonte è un deserto di senso”. Come fare ad essere felici e dare un senso alla propria vita ed essere artefici del proprio destino? Come fa un ragazzo, un giovane, a trovare un senso?
Si parla molto di autorealizzazione, ma quanto è davvero possibile attualmente, in particolare nel contesto italiano, realizzare se stessi? Sembra che si promuova più l’”autolimitazione” che l’autorealizzazione, sin dalla scuola, andando a far leva più su gli aspetti da “migliorare”, quelli che non vanno bene (ma poi per chi non vanno bene o non sono abbastanza?) invece che puntare sulle risorse personali che ciascuno ha. Risorse fondamentali per stare bene e nutrire una società statica e rigida.
E torniamo, quindi, all’affermazione con cui abbiamo iniziato questa breve riflessione: “Non ci spezzate le ali e non proponeteci la vostra esperienza, perché l’unica utile è quella che ciascuno fa da sé”. Come può, nella quotidianità, un adulto rispondere a questa preghiera? Con quali comportamenti o atteggiamenti? Di certo i genitori sono in prima linea, ma non solo loro! Anche la scuola e la comunità sono coinvolte attivamente nel percorso di crescita di qualsiasi adolescente, di qualsiasi giovane che cammina per strada o si ferma al parco e va a scuola a studiare. Il genitore non può essere lasciato solo in questo momento di transizione del figlio. Pertanto, è necessario costruire e mantenere un dialogo costante con i giovani portatori e “costruttori” di una nuova era. Se gli tarpiamo le ali con pre-giudizi e aspettative, non gli permettiamo di fare quelle esperienze che lo porteranno a trovare una propria identità. Per farlo, invece, avrà bisogno di persone che lo passano “guidare” ed accompagnare in questo percorso con fiducia, fermezza e affetto. Come? Ricordandogli che:
- Va bene ed è importante che sappia ascoltare i suoi sentimenti e bisogni.
- Va bene diventare autonomo e responsabile dei propri comportamenti.
- Va bene scoprire la propria identità sessuale.
- Va bene crescere e poter contare sempre sull’affetto (dei genitori o chi si prende cura)
Aggiungerei, inoltre, che va bene dialogare e scoprirsi diversi e unici, va bene modificare la prospettiva su di sé e sul mondo, va bene trovare risposte “intelligenti” e creative a situazioni nuove.
Dott.ssa Ester Varchetta
Analista Transazionale Relazionale (CO-2)- Mediatrice Familiare -Esperta nella gestione di difficoltà momentanee e cambiamenti evolutivi