
Disturbo del comportamento alimentare, aspetti somatopsichici e relazionali
Paziente: L’altra sera sono stata male, ero in confusione, non sapevo cosa dovevo fare, non riuscivo a prendere una decisione…e ho mangiato e poi sono stata male. [nel frattempo si tocca la bocca dello stomaco]
Psicologo: Dove hai sentito male? In quale parte del corpo?

Paziente: Qui in alto. Non avevo digerito la cena, mi dava fastidio, ed ero in confusione…per questo avevo bisogno di stare da sola…
Giovanna, 37 anni. Bulimica
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Paziente: Ero con mia sorella e andava tutto bene, ma ad un certo punto è dovuta uscire e sono rimasta sola. Ho sentito il vuoto, qui [fa cenno sulla pancia] e ho mangiato…e ho vomitato.
Alessandra 16 anni, tra sintomi bulimici e anoressici
Abbi buona cura del tuo corpo,
è l’unico posto in cui devi vivere
Jim Rohn
Mangiare è metonimia, in altre parole l’atto del mangiare di pende da come l’essere umano si struttura in relazione con l’altro, la relazione con l’altro pone il tema del mangiare. L’essere umano diventa soggetto, qualcosa di presente, lì dove c’è qualcosa nel mondo esterno, quando mangiamo c’è qualcosa di esterno che ci definisce dandoci sostanza, soggettività.
“Che sia anoressia (rifiuto pervicace del cibo), bulimia (bisogno incontrollato di nutrimento e di rigetto dello stesso), obesità (dipendenza da cibo), la posta in gioco è l’introiezione, la scelta e l’etica”. Con questa prospettiva, il disturbo alimentare non è legato a cosa mangiare ma ad altro, al rapporto con se stesso e con il mondo. Il cibo diventa un simbolo che regola la relazione con l’altro. Ognuno di noi ha un suo modo di stare al mondo…e si traduce anche su come mangiamo. Come si pone nel mondo, come si vede nel mondo. Rifiutare di mangiare è rifiutare l’esperienza di rapportarsi con il mondo.

Lavorare con i pazienti con disturbo alimentare significa lavorare su come si sentono nel mondo, sulla relazione con l’altro, dove il paziente proietta, attraverso un meccanismo di identificazione proiettiva, l’angoscia, attivando dei processi di somatizzazione. Pertanto è fondamentale nel trattamento promuovere una nuova dialettica con il mondo e con il proprio corpo. Infatti nella maggior parte dei casi di disturbi alimentari, si denota un forte legame tra fattori relazionali e sintomi legati a sensazioni corporee.
La forte connessione corpo-mente ricorda il Disturbo Post-traumatico da Stress, caratterizzato, come nel DCA, da una sensazione di impotenza e da una forte somatizzazione, sensazioni di malessere corporeo pervasive ingestibili. Il rapporto con il mondo interno ed esterno è alterato al punto che può produrre delle modificazioni a livello psico-biologico compromettendo il sistema limbico. Il disturbo alimentare spesso è un sintomo egosintonico, strettamente integrato con la vita del paziente. Un sintomo spesso riparatore di un trauma che non sempre il paziente riesce a riconoscere.

L’ipotesi di un possibile correlazione tra trauma e disturbo alimentare è favorito anche da altri sintomi che caratterizzano il PTSD e il DCA, tra cui:
- Bassa stima di sé e senso di inefficacia;
- Alessettimia, difficoltà a connettersi e dare un nome alle emozioni;
- Depersonalizzazione, perdita del senso di se stessi;
- Stati dissociativi e perdita del controllo.
Considerato questi aspetti, si potrebbe cogliere la proposta di Van Der Kolk, imparare a farsi amico il corpo, così da ricostruire la relazione con l’altro e con il mondo. Come? Favorendo l’attivazione della corteccia prefrontale in risposta all’angoscia proveniente dal sistema limbico, attraverso un percorso di autoconsapevolezza promosso dall’instaurare un dialogo tra mente e corpo. Utilizzando le parole del Dtt. Mendolicchio, psichiatra, per il quale i disturbi alimentari possono essere superati in due modi: “il primo è relativo alla risoluzione dell’identificazione del soggetto con il suo sintomo, che passa attraverso la cristallizzazione della idealizzazione dell’immagine corporea; il secondo è quello legato al contenimento dell’angoscia sottostante, che è sempre secondaria alla possibilità da parte del soggetto di governare gli aspetti pulsionali”.
Dott.ssa Ester Varchetta
Riferimenti bibliografici
Leonardo Mendolicchio, Bisogna pur mangiare, LiNDAU
Bessel Van Der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Raffaele cortina editore.

“Mi chiamo Anna, ho sedici anni e mezzo. Sono un’adolescente matura, questo è quello che si dice. Ma non so cosa sia l’adolescenza, non l’ho voluta e non l’ho vissuta. Nessuna primavera a stuzzicare i miei ormoni, piuttosto un letargo perenne. Mi trovo in ospedale: io sono la meno 40, cioè peso meno di 40 chilogrammi. Terzo piano, corridoio B: quello delle più toste. Siamo il vuoto che cammina, per chi riesce a stare in piedi. Difficile scrivere un lieto fine in quest’ala di ospedale. Difficile, come scoprire quanto vivere sia un dono meraviglioso” L’anoressia raccontata da una ragazza.