“Storia di un matrimonio” e di un’escalation-senza ritorno
Quando ci innamoriamo, non sempre ci soffermiamo su che cosa ci porta a scegliere quella persona anziché un’altra, quale bisogno c’è dietro la nostra decisione di unirci all’altro. I fattori in gioco possono essere tanti:
- la specifica fase di vita che stiamo vivendo, se viviamo ancora con i genitori o se abbiamo già conquistato l’autonomia (economica/emotiva/psicologica) o se stiamo elaborando una relazione finita da poco o da tanto;
- il nostro approccio alle relazioni, se solitamente cerchiamo un rapporto paritario o se pensiamo di voler trovare un “pari” ma in realtà cerchiamo sicurezza o un appoggio emotivo, economico…;
- il bisogno di autorealizzarci, quando pensiamo di poterci realizzare solo se c’è un’altra persona…
Chissà quanti di questi fattori hanno portato i protagonisti di “Marriage Story” (Storia di un matrimonio) a sposarsi e ad avere un figlio. Nel film emerge una relazione asimmetrica tra Charlie e Nicole che porterà quest’ultima, ad un certo punto della storia, a rivendicare la sua autonomia come donna, non riuscendo ad esserlo all’interno della coppia e non riuscendo a realizzarsi, all’interno di essa, forse per un mancato ascolto da parte di lui.
I due protagonisti crescono e cambiano all’interno della dimensione duale ma, come accade spesso, con il passare del tempo, si dà per scontato l’altro e non lo si vede come un’ identità diversa, ma come parte di sé o del proprio progetto. Pertanto non ci si accorge che, come cambiamo noi, cambia anche il nostro partner, e quindi cambiano i bisogni e i desideri che necessitano di essere ascoltati, non svalutati. Questo tipo di dinamica, dato da una difficoltà comunicativa di ascolto dei bisogni dell’altro, può portare all’allontanamento di uno dei membri della coppia stessa, non riconoscendo più l’altro come un supporto, partner, ma vivendolo nelle quotidianità come ostacolo alla propria autorealizzazione e al proprio benessere. Marriage Story mette in scena proprio questo conflitto che porterà i protagonisti a dare il via ad una battaglia legale, senza esclusione di colpi, al fine di ottenere il divorzio.
Se possibile, ora, suggerisco di guardare il film, rifletterci su e poi continuate la lettura… 😊
Terminato di visionare il film mi sono chiesta (e penso ve lo siate chiesti anche voi): si poteva evitare la separazione soprattutto e considerata la presenza di un bambino di 8 anni? Forse non si poteva evitare, ma si sarebbe potuto fare un tentativo andando a lavorare sul motivo che, probabilmente, aveva legato i due protagonisti in matrimonio. La mia ipotesi è che lei aveva “bisogno” di sicurezza, di uno spazio “certo”, sicuro, per poter crescere; lui ricercava un appoggio di qualcuno che lo seguisse e si adattasse ai suoi desideri, così da riconoscersi capace (capace di essere, fare…).
Con il passare del tempo, il film mostra che si vanno a creare due storie parallele. La prima storia è di una donna (Nicole), diventata madre, che dopo essersi adattata ai desideri del marito ed alle necessità del figlio, sente il bisogno di mettersi alla prova come individuo a sé stante, costruendosi una identità professionale autonoma, dove poter far emergere tutte le sue risorse personali, dando così ancor più senso alla vita (“Io non voglio vivere la vita così…”). La seconda storia narra di un uomo (Charlie), un modello maschile dei nostri tempi, pensoso, a volte fragile in quanto influenzato dai nuovi modelli femminili. Quella di Charlie è anche la storia di un padre messo alle strette da una giurisprudenza che, per proteggere le figure storicamente e socialmente più deboli (le madri), potrebbe rischiare di non dare abbastanza attenzione ai nuovi modelli di paternità non-patriarcale che desiderano essere genitori al pari delle madri. La rabbia di lei per non essere stata ascoltata, porterà la rottura del matrimonio, ma come sappiamo, non della coppia-genitoriale.
Se lui avesse ascoltato lei e/o se lei fosse riuscita a farsi ascoltare, che cosa sarebbe successo? Chissà… Beh è questo il tentativo di cui accennavo prima. Tentativo che si poteva fare con il supporto di un mediatore o un terapeuta solo prima che la rabbia e altri avvenimenti (nel film, un tradimento da parte di lui) portassero ad un’escalation senza ritorno, pregnando la relazione di malessere, non-detti, sfiducia, rancore e rimproveri su ciò-che-è-stato.
Come accade spesso anche nella vita, quando la rabbia e le incomprensioni aumentano nel tempo, si ricorre all’unico criterio “oggettivo”, la legge. Riconoscere e affrontare, anche con il supporto di professionisti, le difficoltà di comunicazione e di ascolto, prima dell’escaletion-senza ritorno, può essere una strategia più proficua sia dal punto di vista emotivo che economico.
By Ester Varchetta
Dott.ssa in Psicologia Clinica e in Scienze dell’Educazione
Mediatrice Familiare – Analista Transazionale Relazione ( REG-A0267-2010 – CO-2) – Psicodrammatista (Liv. 1)